In ricordo di Mario

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MILANO MAGAZINE  > Mario Scognamiglio nella sua libreria


Mario
di Umberto Eco

Mario Scognamiglio non è stato solo un libraio antiquario, né soltanto amava svisceratamente il libro, cosa che accade a moltissimi altri librai. Lui amava anche i collezionisti.

Ha dedicato la sua vita, certo, a vendere libri antichi, perché aveva una libreria, che ha tenuto in funzione sino a che la crisi, l’età e la salute glielo hanno permesso, ma sono pronto a scommettere che sono più i libri che ha regalato ad amici appassionati che quelli che ha venduto. Mario amava i collezionisti e questo spiega perché negli ultimi decenni avesse dato vita all’Aldus Club, inventando con fantasia inesausta i modi per mettere insieme chi amava il libro come lui. Ha organizzato visite alle biblioteche di mezzo mondo, dalla Vaticana, a quella, rinata, di Alessandria d’Egitto, sosteneva mostre di appassionati che, senza fini di lucro, volevano mettere in comune i loro tesori, riusciva a radunare i soci in cene memorabili, sempre commentate da menu fantasiosi, stampati a mano su cartoncino pregiato.

La sua libreria di via Rovello, e un bar attiguo, erano la sede di incontri giornalieri, e vi partecipavano non solo i fedelissimi ma anche gli appassionati di passaggio, che andavano a scoprire quel tempietto dell’antiquariato.

Tempietto, perchè non era la cattedrale di Quaritch o il vecchio Kraus: per tenere insieme un manipolo di veri amatori Scognamiglio non investiva in incunaboli da centinaia di migliaia di euro, destinati di solito a investitori senza passione, ma inseguiva anche il giovane cliente che cercava il pezzo da cento euro e talora, vista la passione, glielo cedeva a metà prezzo.

Per non dire di iniziative come L’Esopo e l’Almanacco annuale, per cui inventava ogni anno un tema inatteso, e chiamava a raccolta grandi firme e autori meno noti che avevano qualcosa di arguto e originale da dire.

Per tutte queste iniziative non l’ho mai visto lesinare sui costi, credo ci abbia rimesso del suo. Ha inventato la mostra del libro antico di Milano, centro di raccolta dei massimi antiquari di Europa e d’America, e quando si è rivelata un buon affare se l’è fatta scippare. L’aveva iniziata senza pensare al profitto, e dopo che l’aveva perduta non ha fatto storie, lieto che continuasse a vivere.

Tutto quel che faceva (e pensava) era da gran signore.

Non so se ha speso più di quello che ha guadagnato, se l’aveva guadagnato è perchè in fondo sapeva curare anche i suoi affari, ma sapeva unire la passione e un onesto commercio al senso del gioco, e godeva di più se la sua libreria era visitata da un personaggio importante che se vendeva un libro di valore. Anzi, se aveva un libro di valore, ne faceva dono all’ospite.

E’ per questo e per tanti altri motivi che, alla sua morte, i soci dell’Aldus Club si sono riuniti per decidere che cosa fare della sua creatura, e ancora oggi non lo sanno. Perchè non si tratta di passare la mano, è che non si troverà mai un uomo dal multiforme ingegno come lui. E termino con questa citazione classica perchè, aggiungo, era anche uomo di lettere finissimo che ha cercato tutta la vita di salvare, con il libro, la tradizione letteraria di cui viveva, e la memoria e il culto dei classici che rileggeva sovente.

Ed è persino andato, consapevolmente, incontro alla morte, citando come maestri di serena rassegnazione, i grandi stoici dell’antichità.

Questo testo è stato scritto da Umberto Eco per l’Almanacco del bibliofilo – indici 1990-2012 (Biblohaus 2014) a cura di Massimo Gatta e con un’introduzione di Maurizio Nocera e un ricordo di Oliviero Diliberto e Gianfranco Dioguardi.